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# 07 Cartographier l’Autre

Esame di coscienza: aspetti dell’educazione morale dei bambini tra fascismo e Repubblica

Abstract

Dedicato alla pratica dell’esame di coscienza, questo articolo propone una prima indagine sull’educazione morale dei bambini nella scuola italiana, prendendo in considerazione il periodo fascista e la prima fase di quello repubblicano. Ci si cimenta in un percorso attraverso le scritture disciplinate dei bambini, con lo scopo di capire il modo in cui si svolgeva l’opera di moralizzazione sulla scorta della loro autocritica. Confrontando il contenuto di cinquanta quaderni scolastici e di manuali per le scuole elementari, si evidenzia l’uso della figura del buono scolaro nel quadro del progetto totalitario del fascismo e alla luce della missione pastorale della Chiesa cattolica. Componente chiave dell’educazione morale di diverse generazioni di scolari, l’esame di coscienza consiste per i bambini nel confrontarsi con i modelli di comportamento in maniera più o meno stereotipata. Perciò, il suo studio rappresenta uno primo passo per impostare un’analisi della ricezione della morale, studiando la circolazione dei precetti e le loro forme di appropriazione nelle scritture scolastiche.

Résumé

Consacré à la pratique de l’examen de conscience, cet article propose une première enquête sur l’éducation morale des enfants dans l’école italienne durant la période fasciste et la première phase de la période républicaine. Il consiste en un parcours à travers les écritures disciplinées des enfants, dans le but de comprendre la manière dont se déroulait l’œuvre de moralisation sur la base de l’autocritique. En confrontant le contenu de cinquante cahiers scolaires et de manuels pour l’école primaire, nous mettons en évidence l’utilisation de la figure du bon écolier dans le cadre du projet totalitaire du fascisme et à la lumière de la mission pastorale de l’Église catholique. Composante clé de l’éducation morale de plusieurs générations d’écoliers, l’examen de conscience consiste pour les enfants à se confronter avec les modèles de comportement de manière plus ou moins stéréotypée. C’est pourquoi, son étude représente un premier pas pour poser les bases d’une analyse de la réception de la morale, en étudiant la circulation des préceptes et leurs formes d’appropriation dans les écritures scolaires.

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Nel panorama della storiografia sull’educazione scolastica nell’Italia unita, lo studio dell’esperienza vissuta dai bambini è recente 1 . Rimangono molti gli interrogativi riguardo al modo in cui essi vissero la scuola e assorbirono i precetti e gli insegnamenti impartiti. Una delle piste di lavoro tracciate è stato lo studio dei quaderni scolastici, al quale questo articolo si propone di contribuire. Negli anni Duemila Davide Montino si è dedicato in particolare alla questione del disciplinamento delle scritture scolastiche 2 , affermando “la potenzialità euristica” delle scritture disciplinate, che, secondo Juri Meda, devono ora essere studiate “leggendo la loro retorica, la loro ripetitività e la loro stereotipia” 3 . I testi relativi all’educazione morale sono particolarmente adatti a questo tipo di ricerca per la ambizione di disciplinare i bambini: calligrafia, dettati, temi riguardanti la condotta e il carattere dei bambini. Una delle componenti principali dell’educazione morale è ciò che potremmo definire l’autocritica, o l’esame di coscienza. Si tratta anche di un’espressione che definisce una tappa della confessione religiosa. Gli esercizi che riguardano il carattere e il comportamento dei bambini li portano esplicitamente o implicitamente a un giudizio su di loro e sulla loro vita. L’atto di scrittura si colloca in un ambiente che va oltre la scuola, poiché i precetti enunciati, e in parte fatti propri, riguardano anche la famiglia o la Chiesa, con la pretesa di dispiegarsi in tutta la vita sociale: “Per essere dei bravi scolari ci vuole anche ordine e la nostra signora maestra […] vuole che l’ordine regni in tutto, fuori, in classe e a casa nostra” 4 . La morale a scuola e le sue tracce nei quaderni devono perciò essere lette alla luce dei progetti di moralizzazione della società o di rinnovamento del carattere nazionale.

Tra il ventennio fascista e gli anni Cinquanta la scuola italiana fu caratterizzata da un potenziamento della religione in quanto materia d’insegnamento e matrice di principi morali. Nel 1923, la riforma Gentile ripristinò l’insegnamento religioso, concependolo quale “forma prima e necessaria della moralità individuale” 5 . La politica scolastica attuata dai successori di Gentile fascistizzò la scuola e nello stesso tempo proseguì le aperture al cattolicesimo, consacrate dal Concordato nel 1929, permettendo quindi alla Chiesa di portare avanti il suo progetto di influenza morale sulla gioventù. Particolarmente negli anni Trenta, anche il fascismo volle incidere sui modelli di condotta, attraverso un proprio progetto di trasformazione del carattere degli italiani, espressosi nella figura dell’‘Italiano nuovo’, che la scuola e soprattutto le organizzazioni giovanili del regime – l’Opera Nazionale Balilla (ONB) e poi la Gioventù Italiana del Littorio (GIL) – ebbero il mandato di costruire inquadrando e militarizzando l’infanzia 6 . In quel periodo, a sostegno del rafforzamento dell’educazione totalitaria, i modelli del Balilla e della Piccola Italiana seppero radicarsi nei valori morali tradizionalmente promossi dalla scuola, favorendo la fascistizzazione dei giovani. Nel secondo dopoguerra, la religione venne collocata prima di tutte le altre materie dal ministro dell’Istruzione Guido Gonella 7 , secondo una linea direttrice che insisteva sul dogma e sulla morale 8 , sicché in quegli anni l’insegnamento della dottrina fece pienamente perno sull’equivalenza tra buono scolaro e bambino cristiano. La rivalutazione della religione nella scuola si collocò anche nel contesto più ampio della lotta per la moralità dei costumi, già promossa dalla Chiesa durante il pontificato di Pio XI e rafforzata a partire del 1948 per difendere i valori religiosi e tradizionali dell’Italia cattolica 9 .

La nostra prima ipotesi è che la morale, definita come l’insieme delle regole di buona condotta dei bambini, fu un terreno adatto ad un uso da parte del cattolicesimo e del fascismo dei valori tradizionalmente promossi dalla scuola e contenuti nella figura stereotipata del buono scolaro. La nostra seconda ipotesi verte sulla ricezione dell’educazione morale. In primo luogo, pensiamo che la ricezione possa essere valutata nella concreta circolazione dei contenuti moralistici dai manuali verso i quaderni di scuola, confrontandone le occorrenze più o meno stereotipate. In secondo luogo, riteniamo che l’analisi linguistica degli scritti dei bambini, e particolarmente della loro enunciazione, possa evidenziare fin dove i precetti morali poterono insinuarsi ed essere appropriati. Guardando agli aspetti dell’educazione morale di diverse generazioni di bambini dell’Italia fascista e di quella repubblicana, cercheremo di mostrare il modo in cui essa fu usata dal fascismo e si radicò nella dottrina cristiana. È nel quadro dunque dell’indagine sulla moralizzazione dell’infanzia che proponiamo questo articolo dedicato alla specifica pratica dell’esame di coscienza, a partire da un corpus composto da cinquanta quaderni di dettati, temi o diario, appartenuti ad alunni delle scuole elementari piemontesi o valdostane tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, conservati presso l’Archivio della Fondazione Tancredi di Barolo (Torino), l’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (Università di Genova), il Corpus Digitale delle Scritture Scolastiche (Università della Valle d’Aosta) 10 o reperiti presso collezioni private. Inoltre, il contenuto dei quaderni è stato confrontato con manuali scolastici (sussidiari o libri di letture) del ventennio e del secondo dopoguerra. Sono stati esaminati i libri unici di Stato per il periodo fascista – con un’attenzione particolare per i sussidiari di terza, quarta e quinta elementare – e un campione di manuali dell’età repubblicana pubblicati dalle maggiori case editrici del mercato scolastico-editoriale dell’Italia settentrionale in quel periodo (SEI, La Scuola, Paravia).

La coscienza del buono scolaro

Sulla scia della morale scolastica del secondo Ottocento – illustrata dal libro Cuore di Edmondo De Amicis che fu letto a scuola e usato come materiale pedagogico durante tutto il periodo esaminato – le qualità richieste al bambino sono quelle di essere buono, studioso, obbediente, ordinato e diligente 11 . Di contro, gli scolari devono anche identificare i difetti del cattivo bambino – disordinato e pigro – concentrati nella figura letteraria e stereotipata del monello, il quale, però, può ancora tornare sulla diritta via 12 promettendo di migliorare.

La pratica dell’esame di coscienza è collocata nello svlogimento di certi esercizi scolastici, essendo la morale veicolata dalle varie discipline, in particolare dagli esercizi di lingua 13 . I dettati recitano: “Se hai commesso un fallo, confessalo subito e ne avrai perdono” 14 ; “Strappate ogni giorno con risolutezza e con cura […] le male erbe dall’animo” 15 . Anche la calligrafia funge da agente moralizzatore poiché, nel ricopiare delle massime morali, la correttezza della scrittura deve illustrare l’assimilazione dei precetti 16 . Così si ricopia con cura “se tu operi bene o male, tu senti una voce interna che ti assicura d’avere bene o male operato” 17 . Inoltre, numerosi componimenti sono espressamente dedicati all’autocritica degli alunni: “I miei difetti e le mie virtù”; “Quel castigo me l’ero meritato” 18 . Sono il retaggio di una tradizione ottocentesca di “temi strappalacrime” che l’alunno svolgeva come se fossero “una palestra retorica” 19 dove manifestare i buoni sentimenti e proponimenti secondo “un ideale di espressività” 20 promosso dalla scuola. Contro la frequente insincerità dei testi che scaturivano da questo tipo di temi, i pedagogisti neoidealisti cercarono di rinnovare la pratica della scrittura a scuola, introducendo l’esercizio del “diario della vita di scuola”, ideato da Giuseppe Lombardo Radice nel quadro della riforma Gentile, con l’obbiettivo di favorire l’espressione spontanea del bambino. Eppure, anche la pratica del diario fu il ricettacolo dei sentimenti e dei pentimenti degli scolari, proponendosi di raccogliere la retorica sentimentalista delle confessioni, allorquando lo stesso Lombardo-Radice scriveva che “la confessione a voce alta, in pubblico, o in iscritto, la confessione come esercizio scolastico, non ha senso” 21 .

Quali erano le figure di riferimento che conducevano i bambini sulla via della buona condotta? Innanzitutto i genitori e l’insegnante, ma anche il parroco, durante il ventennio  fascista come negli anni del dopoguerra. Il “buon parroco […] insegna la retta strada” 22 scrive un’alunna valdostana nel 1932; secondo una bambina torinese nel 1950, il suo parroco ha raccomandato “di essere delle brave e buone scolarette” con parole che “mi commossero” 23 . Per uno scolaro piemontese all’inizio degli anni Quaranta, sono il papà e la maestra a “condur[lo] sulla via diritta”, insegnandogli a “vivere rettamente” 24 . E perciò gli adulti si devono ringraziare, i loro sacrifici essere compensati dai bambini, i quali dichiarano di dover essere la “consolazione dei miei superiori” 25 . I momenti di confronto con il discorso moraleggiante degli adulti sono già una prima occasione per i bambini di esprimere la volontà di migliorarsi. Nel 1929, dopo la visita del direttore che “disse di sempre studiare”, Maria scrive: “Dirò in me stessa via le sciocchezze, via i divertimenti, via tutto ed essere una bambina buona” 26 .

All’interno dei temi o dei diari si trovano anche giudizi sulla condotta dei compagni di classe. I dettati intimano ai bambini di scegliere un amico che “abbia il cuore incorrotto” mentre “gli altri non son degni della [loro] amicizzia (sic)” 27 , di “non ascoltare mai i consigli dei compagni cattivi” 28 e di “vergognar[si] ha (sic) mostrar[s]i con i maleducati” 29 . Nei diari, compaiono gli effetti di questa pedagogia quando ad esempio una scolara definisce “sgarbata e maleducata” una sua compagna che “ha tirato dei calci alla porta” 30 di una bottega per aprirla. I compagni ben educati sono invece modelli di comportamento da osservare: “Anna è molto studiosa ed io cercherò di imitarla […] per diventare come lei, una bambina ammodo (sic)” 31 .

Sulla base dei discorsi moralistici recepiti dai bambini, l’esame di coscienza consiste nell’autocritica e si risolve nella promessa di migliorare. Qui, la scuola si fa interprete della “epistolografia domestica”, ossia della tradizione di scrivere lettere ai genitori per i compleanni o l’anno nuovo, con una retorica fatta “di generiche quanto artificiose buone maniere” 32 . Il peso che rappresenta l’imperativo di conformarsi alla figura del buono scolaro si esprime nel giudizio su di sé, spesso suggerito dal tema assegnato dall’insegnante. Svolgendo il tema “Il mio ritratto”, un alunno scrive nel 1923: “sono goloso […] Desidererei di correggere i miei brutti difetti dalla fin d’anno” 33 . Nel 1948, una ragazza dichiara: “Sono rabbiosa e un po’ bugiarda e poco ubbidiente” 34 . Vi è chi invece sottolinea la propria conformità con le qualità attese scrivendo “Tutte le mattine mi presento a scuola tutta ordinata, pulita e ben pettinata” 35 . La maggior parte delle autocritiche e promesse sono scritte in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, di Natale o dell’anno nuovo. Capodanno offre soprattutto l’occasione di “vuotare a fondo il sacco dei vizi” 36 .

Nelle promesse ci sembra importante sottolineare quanto il carattere “buono/a” sia quasi sempre associato a solo una o due qualità che, in un certo senso, compongono la bontà del bambino: “sempre più buona, studiosa”, “più buona, più studiosa e più attenta”, “crescere buona, studiosa”, “buono e ubbidiente”, “crescere sempre più buona e ubbidiente” 37 . Insomma, in confronto con il florilegio delle qualità dello scolaro ideale, l’essere buono, nell’universo delle promesse dei bambini, si condensa nella più lapidaria formula “studiare e obbedire”. Dal punto di vista della sua ricezione, la figura dello scolaro diligente è dunque ridotta a due soli valori. La sua semplificazione favorisce, secondo noi, i contatti con tradizioni educative diverse, in particolare l’insegnamento della dottrina cristiana.

L’autocritica dei bambini e la dottrina cristiana

Nella pratica del pentimento e della promessa a scuola, si ritrova il modello della confessione cattolica, e in maniera più diffusa l’influenza della dottrina cristiana sul giudizio morale. Nella versione fissata da Pio X, e valida fino al Concilio Vaticano II, il catechismo fu lo strumento principale della pastorale presso i giovani 38 . I sussidiari di 3°, 4° e 5° elementare ne riproducevano addirittura parti intere nelle pagine di religione, sin dall’istituzione del libro unico di Stato nel 1930 39 e poi dopo il 1945. Le tappe della confessione sono elencate nei catechismi e nei manuali scolastici di epoca fascista e repubblicana, nei quali troviamo lo stesso identico testo:

Quante e quali cose si richiedono per fare una buona confessione? – Per fare una buona confessione si richiedono cinque cose: 1. L’esame di coscienza; 2. Il dolore dei peccati; 3. Il proponimento di non commetterne più; 4. La confessione; 5. La soddisfazione o penitenza. 41

Il rito della confessione è descritto nei minimi dettagli dai sussidiari, e la penitenza esemplificata attraverso la parabola del figliuol prodigo nello “spirito di misericordiosa bontà” della Chiesa. Le due condizioni richieste a “chi umilmente si confessa” sono “il pentimento sincero e il fermo proposito” che permettono al bambino cristiano un “santo mutamento di vita” 42 . Molti quaderni testimoniamo di bambini “confessati per fare la Santa Comunione” 43 , spesso prima di Natale o Pasqua. Nei loro scritti, l’esame di coscienza si svolge sotto il segno di figure cristiane, innanzitutto quella di Gesù che, recita un bambino, “mi aiuterà nei miei buoni proponimenti” 44 . Uno scolaro “biricchino”, promette “al Bambino Gesù di esserᵉ più buono” 45 , mentre un’altra scrive: “Vorrei essere molto buona, studiare e imparare molto per fare contenti i miei gentori […]. Spero che Gesù mi aiuti dandomi la forza e la buona volontà” 46 .

Oltre a Gesù, una delle figure cristiane che inquadra la pratica dell’esame di coscienza è quella dell’Angelo custode. Esso fa da coscienza supplettiva al fanciullo, perché gli indica la buona condotta e i mali da evitare. Appare nei catechismi, nei manuali e quaderni di scuola (tab. 1), a conferma di quanto la scuola fosse concepita dalla maggior parte del mondo cattolico come il “naturale prolungamento dell’opera catechistica iniziata in parrochia” 47 . Ciò mostra la concreta circolazione dei contenuti morali dalle pubblicazioni religiose verso quelle scolastiche e negli scritti dei bambini. La continuità tra le fonti e i periodi esaminati si vede anche nella continuità delle iconografie dal manuale fascista al quaderno e al manuale repubblicano (tab. 2).

Tabella 1. L’angelo custode nei catechismi, libri e quaderni di scuola

Catechismi

Primi elementi della dottrina cristiana, tratti dal catechismo pubblicato per ordine di S. S. Papa Pio X, Milano, 1933, “Prime preghiere”, p.5

“Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Così sia.”

Ufficio Catechistico Diocesano di Torino, La Dottrina cristiana. Libro di calsse per i catechismi parrocchiali, L.I.C.E. – R. Berruti&C., Torino, 1933, p.7

Manuali scolastici

Angelo Zammarchi e Cesare Angelini, “Religione”, in Il libro della III classe elementare, Roma, Libreria dello Stato, anno XVII, 1939, p.11

 

“Camminiamo sotto la guida dell’Angelo 48 nostro Custode; rispettiamo la sua presenza invisibile; non facciamo mai cosa che lo obblighi a velarsi gli occhi per non vedere. E non dimentichiamo di raccomandarci a Lui ogni giorno, con la bella preghiera: ‘Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Così sia’.”

Graziella Aymone, “Religione”, in Scuola Gioiosa. Libro di studio per la terza elementare, Brescia, La Scuola, 1951, p.24

 

 

Clara Bucci e Franco Penna, Fiordalisi. Letture per la scuola primaria. 2 classe, Torino, SEI, 1961, p.55

“All’Angelo custode. Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Così sia.”

 

Cammina un bimbo per la lunga strada, solo soletto e non sa dove vada; piccolo è il bimbo, grande è la campagna; ma un Angelo lo vede e l’accompagna. Giuseppe Fanciulli”

Quaderni scolastici

ALSP, Carla, “Tema: il mio Angelo custode”, Lingua, 194445, classe n.i., Piemonte

Tutti abbiamo un Angelo custode vicino che ci custodisce, e ci libera da tutti i mali. Pure io ce lo un Angelo custode che mi custodisce e mi dice di non andare con le compagne o compagni cattivi, o quando leggo qualche cosa di brutto mi dice di non leggerlo fa sentire la sua voce dolce, buona, graziosa! Dice di stare sempre ubbidiente ai genitori e di non ascoltare le tentazione (sic) del diavoletto. L’Angelo mi è sempre di continuo vicino a me e starà fino al punto della mia morte, egli è eterno, vive anche senza mangiare.

Tabella 2. Immagini dell’angelo custode nei libri o quaderni di scuola

D. Belardinelli-Bucciarelli, Il libro per la prima classe, Roma, Libreria dello Stato, 1934, p. 93

CoDiSSc 132, Beatrice, Religione, 1939-40, 5a, Fontainemore

C. Bucci e F. Penna, Fiordalisi. Letture per la scuola primaria. 2 classe, Torino, SEI, 1961, p. 55

 

 

Dalla lettura dei testi, traspare, oltre all’onnipresenza della preghiera all’angelo, la circolazione di motivi come la fragilità morale dei bambini sul cammino della vita. Nel testo dell’alunna, emerge poi l’appropriazione di questa figura: in un primo tempo attraverso il passagio da un collettivo e formale “tutti abbiamo un angelo” a una personale traccia di oralità “pure io ce lo (sic)”; in un secondo tempo attraverso i pleonasmi “L’Angelo mi è sempre di continuo vicino a me”, proteggendo la bambina contro la tentazione.

Pentimento, promesse o protezione, i motivi con i quali la dottrina cristiana riesce a riallacciarsi ai principi della moralità scolastica si vedono dal confronto tra vari tipi di fonti, religiose e scolastiche, e dall’analisi linguistica delle scritture dei bambini. Dalle fonti esaminate, questo modo di riutilizzare i valori morali promossi dalla scuola sembra essere stato anche una caratteristica dell’educazione fascista. Infatti, l’ambizione totalitaria del fascismo e i suoi obbiettivi di rivoluzione antropologica attraverso il rinnovamento del carattere degli italiani 49 poté anche tradursi nell’appoggiare la pratica stessa dell’esame di coscienza sui valori fascisti.

Il giudizio morale secondo i valori fascisti

La maniera in cui il fascismo poté inserirsi nella tradizione della pratica dell’esame di coscienza a scuola ci sembra un’ottica interessante per studiare la fascistizzazione dell’infanzia. Riteniamo che essa consistette anche nella fascistizzazione della figura del buono scolaro. Infatti, la permeabilità tra scuola e organizzazioni giovanili fasciste si manifestò anche nell’associare i simboli propri del fascismo con le qualità del bravo alunno. Nei libri scolastici, nella letteratura per l’infanzia 50 e nei quaderni scolastici, il Balilla e la Piccola Italiana diventarono simboli dell’infanzia buona.

L’appartenenza all’ONB e alla GIL richiede il possesso delle qualità di buono scolaro. Nel libro di letture per la prima elementare del 1934, si mette in scena la distribuzione delle tessere dell’ONB in occasione della quale il direttore della scuola dichiara: “Siate buoni, rispettosi, obbedienti. Fate sempre il vostro dovere. Ora siete i soldatini del Duce” 51 . In un diario dello stesso anno, una scolara gli risponde: “Sono piccola italiana perché la mia signorina maestra mi ha regalato la tessera perché sono buona e attenta” 52 . Il modo in cui i bambini potevano conformarsi con i valori fascisti si osserva ancor più acutamente nel discorso sulla divisa, quando, ad esempio, una bambina scrive nel 1939: “Ieri ero contenta che avevo indossato la divisa di Piccola Italiana, perché la divisa significa simbolo d’obbedienza, disciplina studio e lavoro” 53 .

All’ombra del fascio littorio, le qualità dello scolaro guidano il giudizio morale, che appare ormai un effetto diretto della propaganda politica, a dimostrazione di un’ideologia che volle e seppe insinuarsi nei minimi aspetti della formazione dei giovani 54 . L’appartenenza alle organizzazioni giovanili del regime serve di criterio per giudicare le proprie compagne di classe, “quarantuno rondinelle del Duce” che sono “ in generale […] ragazze ordinate e pulite” 55 ; a criticare un monello che “dice ogni insulto contro [i] Balilla”; e ad auspicare che “si procureranno provvedimenti” contro di lui e gli “altri […] del genere di Giovanni” 56 . E se il giudizio non è sufficientemente guidato dai valori fascisti, provvederà l’insegnante a renderlo tale: quando Luigi scrive nel suo diario che “V. Domenico e F. Luciano non amano niente la sua Patria (sic)” 57 (il primo perché ha paura di andare dal dentista, il secondo perché picchia il fratello!), la maestra aggiunge “Non sono dei bravi balilla”. Infine, il fascismo si insinuò nella pratica dei proponimenti, seppur in occasioni più puntuali. Al tema “Cosa mi propongo di fare per essere degna del nome di Piccola Italiana”, Chiarina risponde che “bisogna essere prima di tutto discipinate cioè ubbidire ai comandi di quelli che ce li danno e specialmente ai comandi del Duce” 58 , mentre Elsa promette di “mettere in pratica [il Decalogo Stradale] da buona Piccola Italiana come vuole il nostro amato Duce” 59 .

Da questa sintetica rassegna sulla maniera in cui l’ideologia fascista si pose come matrice del giudizio morale, emergono innanzitutto i diversi gradi di sorveglianza che l’ideologia del regime poté occupare – lo sguardo sugli altri, lo sguardo su di sé e la promessa di migliorare. Ma, allo stesso tempo, appare evidente l’intreccio linguistico delle scritture scolastiche, dove “l’io individuale” interagisce con “l’Io collettivo di cui il fascismo si è fatto interprete” 40 , manifestandosi negli interventi scritti dell’insegnante e, soprattutto, nella presenza di frammenti del linguaggio del regime (ad esempio la metafora delle “rondinelle del Duce” o gli enunciati impersonali come “bisogna essere […] disciplinate”) all’interno di un discorso in prima persona.

Conclusione

Attraverso questo studio sull’educazione morale nell’Italia fascista e in quella repubblicana, abbiamo voluto dare dei primi elementi di comprensione di ciò che fu, secondo noi, la ricezione dei precetti morali, sottolineando le possibili influenze tra l’ambito scolastico, quello religioso o quello politico, e i loro concreti effetti sui bambini. Si è evidenziato quanto entrambi i modelli di educazione fascista e cattolico avrebbero condiviso una strategia di riutilizzo della figura del buono scolaro, equiparandolo con l’infanzia fascistizzata, o associandolo all’ideale del bambino cristiano. Ma ciò non ci permette di scogliere l’ulteriore questione di un’eventuale compatibilità tra morale cattolica e ideologia fascista nel campo dell’educazione. Rimane quindi aperto lo studio della loro influenza reciproca o rivalità al livello della ricezione della morale da parte dei bambini. Eppure ci sembra che questa problematica potrebbe essere anche affrontata secondo il metodo che abbiamo cercato di delineare in questa sede, cioè nella maniera di analizzare le scritture disciplinate degli scolari per scorgervi le concrete circolazioni e i possibili punti di contatto ideologici. Quelle scritture vanno infatti confrontate tra di loro e con fonti di natura diversa, in particolare con i manuali scolastici e le produzioni parascolastiche quali i catechismi. Devono inoltre essere studiate nel tempo lungo, al di là delle discontinuità politiche, perché veicolano imperativi morali o sociali che marcarono l’educazione di diverse generazioni. Infine, i gradi di personalizzazione della scrittura si vedono grazie ad un’analisi linguistica dei testi, tramite la quale si colgono gli interventi degli insegnanti e l’implicazione enunciativa dei bambini.

Notes    (↵ returns to text)

  1. Alberto Barausse, Carla Ghizzoni e Juri Meda, « Écrire l’histoire des élèves en Italie aux XIXe et XXe siècles », Histoire de l’éducation, 150 (2018), p. 125.
  2. Davide Montino, “Da scolari a bambini? Scritture disciplinate e scritture personali nei quaderni di scuola”, in J. Meda, D. Montino et R. Sani (a cura di), School exercise books, Macerata, Edizioni Polistampa, 2010, p. 1289-1303.
  3. Juri Meda, “Scritture scolastiche. Contributo alla definizione di una categoria storiografica”, in G. Raimondi, H. Champvillair (a cura di), Il CoDiSV in classe. Proposte metodologiche e didattiche di ricerca applicata, Roma, Aracne, 2015, p. 26.
  4. Archivio della Fondazione Tancredi di Barolo (FTB), Claudio V., “Tema: La mia maestra esige: studio ordine, diligenza soprattutto disciplina”, Lingua, 1941-42, 5° el., p. 61.
  5. Giovanni Gentile, La riforma dell’educazione, Roma-Bari, Laterza, 1920, citato in Lucia Ceci, « Il dibattito sull’insegnamento della religione tra le due guerre », in L. Caimi et G. Vian (a cura di), La religione istruita : nella scuola e nella cultura dell’Italia contemporanea, Brescia, Morcelliana, 2013, p. 135.
  6. Gianluca Gabrielli, Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento, Ombre Corte, 2016, p. 58.
  7. Monica Galfré, Tutti a scuola! L’istruzione nell’Italia del Novecento, Roma, Carocci, 2017, p. 153.
  8. Daria Gabusi, « Da soldati a testimoni. I libri scolastici per l’insegnamento della religione cattolica (1948-1968) », in L. Caimi et G. Vian (a cura di), op. cit., p. 339.
  9. Marco Barbanti, “La ‘battaglia per la moralità’ tra Oriente, Occidente e Italocentrismo, 1948-1960, in P. P. D’Attore (a cura di), Nemici per la pelle. Sogno americano e mito sovietico nell’Italia contemporanea, Franco Angeli, Milano, 1991, p. 161-163.
  10. Il progetto del Corpus Digitale delle Scritture Scolastiche (CoDiSSc) è stato ideato nel 2003 e coordinato dalla linguista Luisa Revelli. È consultabile online: https://www.codissc.it/.
  11. Fabio Sacchi, “Lo scolaro diligente”, in F. Bertolino (a cura di), Stili di vita, stili di scuola. Testimonianze dai quaderni valdostani, Roma, Aracne, 2014.
  12. Benedetta Quadrio, Monelli di carta. Da Collodi a Pistelli: genesi e sviluppo di un paradigma educativo, Edizioni Junior, Parma, 2017, p. 11.
  13. Hélène Champvillair, “L’educazione morale nella scuola valdostana d’inizio Novecento”, in F. Bertolino e L. Revelli (a cura di), Pagine di scuola valdostana, Aosta, Tipografia valdostana, 2008, p. 78.
  14. FTB, Franco D., “Dettato ortografico”, Lingua, 1942-1943, classe n. i., Caresana.
  15. Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), Fondo Scuola (FS), n°1054, Teresina G., “Dettato: I doveri delle fanciulle”, Lingua, 1949-50, 5a, Borgo San Dalmazzo.
  16. Davide Montino, Bambini, penna e calamaio. Esempi di scrittura infantili e scolastiche in età contemporanea, Roma, Aracne, 2007, p. 43.
  17. ALSP, FS, n°1057, Giovanni A., Calligrafia, 1946-47, classe n. i., Novi Ligure.
  18. ALSP, FS, n°1056, Lucia A., Lingua, 1946-47, classe n. i., Macra.
  19. Nicola De Blasi, “L’italiano nella scuola”, in L. Serianni et P. Trifone (a cura di), Storia della lingua italiana, vol. I: I luoghi della codificazione, Torino, Einaudi, 1993, p. 419.
  20. Luisa Revelli, Diacronia dell’italiano scolastico, Roma, Aracne, 2013, p. 343.
  21. Giuseppe Lombardo-Radice, Lezioni di didattica, Sandron, Palermo, 1946 (1° ed.: 1913), p. 252, cit. in D. Montino, “Da scolari a bambini?”, op. cit., p. 1294.
  22. Corpus Digitale delle Scritture Scolastiche (CoDiSSc) 135, Modesta, “Tema: Il mio paese”, Lingua, 1932-33, classe n.i., Valle d’Aosta.
  23. FTB, Paola C., “L’inaugurazione dell’anno scolastico”, Diario, 1950-51, 4a, Torino.
  24. FTB, Alberto V., “Tema: La mia maestra esige studio ordine, diligenza soprattutto disciplina”, Lingua, 1941-42, 5a, Mongrando.
  25. FTB, Irma F., “1° gennaio”, Diario, 1933-34, 5a, Ciriè.
  26. FTB, Maria F., “2 aprile”, Diario, 1928-29, 6a, Ciriè.
  27. ALSP, FS, n°1057, Giovanni A., “Prova in classe”, Calligrafia, 1946-47, classe n. i., Novi Ligure.
  28. FTB, Guido T., “Qualità morali buone”, Lingua, 1951-52, 3a, Torino.
  29. FTB, Franco D., “Dettato ortografico”, Lingua, 1942-43, classe n. i., Caresana.
  30. ALSP, FQ 1051, Marilena G., “30 aprile”, Giornalino, 1946-47, 2a, Borgo San Dalmazzo.
  31. FTB, Maria Teresa P., “La mia più cara amica”, Temi, 1942-43, 5a, Sommariva Bosco.
  32. Davide Montino, “Bambini che scrivono”, Signo. Revista de Historia de la Cultura Escrita, 12 (2003), p. 85.
  33. CoDiSSc 13, Onildo G., “Tema: Il mio ritratto”, Lingua, 1922-23, 3a, Fontainemore. Per trascrivere gli interventi degli insegnanti nella scrittura dei bambini, si è scelto di sbarrare il testo cancellato dall’insegnante (“di”) e di indicare a esponente il testo aggiunto (“brutti difetti”).
  34. ALSP, FS, n°1056, Lucia A., “I miei difetti e e mie virtù”, Lingua, 1946-47, classe n. i., Macra.
  35. ALSP, FS, n°1054, Teresina G., “Tema: Descrivi la tua figura fisica e in quello che puoi il tuo carattere”, Lingua, 1949-50, 5a, Borgo San Dalmazzo.
  36. CoDiSSc 133, Beatrice, “Verso un nuovo anno”, Temi, 1939-40, 5a.
  37. FTB, Caterina F., “La festa del Santo Natale”, Temi, 1930-31, Ciriè ; FTB, Francesca G., “1° gennaio”, Diario, 1933-34, 5a, Santena ; CoDiSSc 504, Elvia G., “Si sono riaperte le scuole”, Temi, 1937-38, 5a, Roisan ; FTB, Alberto V., “6 ottobre”, Lingua, 1941-42, 5a, Mongrando ; CoDiSSc 135, Modesta, “Tema: La mia maestra”, Lingua, 1932-33, classe n.i.
  38. Giuseppe Biancardi, Ermanno Genre, “Catechesi e catechismo nell’Italia unita”, in Enciclopedia Treccani, 2011, [disponibile on line]: https://www.treccani.it/enciclopedia/catechesi-e-catechismo-nell-italia-unita_(Cristiani-d%27Italia)/, consultato il  6/04/2024.
  39. Maria Cristina Morandini, op. cit.
  40. Angelo Zammarchi e Cesare Angelini, “Religione”, in Il libro della IV classe elementare, Roma, Libreria dello Stato, anno XI (1933), p. 49; Angelo Zammarchi, “Religione”, in Scuola Gioiosa. Libro di studio per la quinta elementare, Brescia, La Scuola, 1950, p. 22. La continuità tra fascismo e Repubblica sta nell’autore e nel contenuto.
  41. FTB, Luigi A., “4 aprile”, Diario, 1934-35, 3a, Torino.
  42. ALSP, FS, Lettere di Natale ai genitori, cit. in. Davide Montino, “Bambini che scrivono”, op. cit., p. 84.
  43. FTB, Claudio V., “Tema: Le mie vacanze invernali”, Lingua, 1941-42, 5° el., Mongrando.
  44. FTB, Anna Luisa O., “1° gennaio”, Diario, 1939-40, 5a ,Torino.
  45. Luciano Caimi, « L’insegnamento della religione nel quadro della pastorale della Chiesa. Dalla fine della guerra alla revisione del Concordato », in L. Caimi et G. Vian (a cura di), La religione istruita : nella scuola e nella cultura dell’Italia contemporanea, Brescia, Morcelliana, 2013, p. 218.
  46. Il corsivo è nostro nei diversi testi della tabella.
  47. Emilio Gentile, “L’ “uomo nuovo” del fascismo. Riflessioni su un esperimento totalitario di rivoluzione antropologica”, in Id., Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 235
  48. Mariella Colin, Les enfants de Mussolini : littérature, livres, lectures d’enfance et de jeunesse sous le fascisme de la Grande Guerre à la chute du régime, Caen, PUC, 2010, p. 247.
  49. Dina Belardinelli-Bucciarelli, Il libro per la prima classe, Roma, Libreria dello Stato, 1934, p. 80.
  50. Vittoria Corò, “Diario di una scolara povera”, 1933-34, AsANSAS, FMS, non catalogato, cit. in Monica Galfré, « Ambizioni e limiti del totalitarismo fascista nei quaderni scolastici », in J. Meda, D. Montino et R. Sani (a cura di), op. cit., p. 300.
  51. FTB, Elsa F., “Inizio del nuovo anno”, Diario, 1939-40, 5a, Ciriè.
  52. Monica Galfré, op. cit., p. 302.
  53. Collez. privata, Amalia C., “Le mie compagne di classe”, Temi, 1939-1940, 5a, Torino.
  54. CoDiSSc 82, Marcella L., “15 marzo”, Diario, 1925-26, 6a, Chambave.
  55. Collez. privata, Luigi A., Diario, 1934-35, 3a, Torino.
  56. FTB, Chiarina C., “Che cosa mi propongo di fare per essere degna del nome di Piccola Italiana”, Temi, 1934-35, 3a, Piemonte.
  57. FTB, Elsa F., “Circolazione stradale”, Temi, 1939-40, 5a, Ciriè.
  58. Monica Galfré, op. cit., p. 300.
  59. Primi elementi della dottrina cristiana, tratti dal catechismo pubblicato per ordine di S. S. Papa Pio X, Milano, 1933, p. 30; Angelo Zammarchi, Cesare Angelini, “Religione”, in Religione. Grammatica. Storia. Classe Va, Roma, Libreria dello Stato, s.d., p. 40; M. Cera, “Religione”, in Costruire. Sussidiario completo per la IVa, Torino, SEI, 1946, p. 44; G. Ricciotti, “Religione”, in La nuova conchiglia. Sussidiario per la IVa elementare, Torino, Paravia, 1952, p. 35-36.

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Auteur

Loann Verkindt est agrégé d’histoire et doctorant en études italiennes au sein du Laboratoire d'études romanes (Université Paris 8 Vincennes-Saint-Denis). Sa thèse porte sur l'éducation morale des enfants en Italie entre les années du fascisme et le second après-guerre. Il s’intéresse en particulier à l’influence de l’idéologie fasciste et du catholicisme sur la codification du comportement des enfants.

Pour citer cet article

Loann Verkindt, Esame di coscienza: aspetti dell’educazione morale dei bambini tra fascismo e Repubblica, ©2025 Quaderna, mis en ligne le 27 janvier 2025, url permanente : https://quaderna.org/7/esame-di-coscienza-aspetti-delleducazione-morale-dei-bambini-tra-fascismo-e-repubblica/

Esame di coscienza: aspetti dell’educazione morale dei bambini tra fascismo e Repubblica
Loann Verkindt

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